TRAUMI DA CORSA
Denis Laurenti
Un podista, per la ripetitività del gesto atletico, sia in allenamento che in gara, sottopone a sollecitazione le proprie strutture osteomuscolari esponendosi al rischio di produrre nel tempo patologie da sovraccarico funzionale.
Oltre a questo rischio l’atleta, soprattutto se inesperto o poco allenato, può eseguire il gesto atletico scorrettamente od in condizioni non ottimali creando i presupposti per danneggiare il proprio organismo.
Le lesioni acute invece riconoscono un momento meccanico preciso (cadute o colpi diretti) che produce lesioni immediate dolorose e che impone la sospensione dell’attività.
Le lesioni possono essere quindi di due tipi:
– da sovraccarico funzionale (sollecitazione articolare abnorme e/o eccessivamente ripetuta)
– traumatiche (cadute o colpi diretti)
Vediamo nello specifico il trauma della caviglia:
L’articolazione tibio-tarsica è un’ articolazione assai esposta al rischio di lesioni acute al complesso legamentoso sia interno (mediale) che esterno (laterale).
L’articolazione è composta dal complesso tibio-peroneale entro cui bascula, nei movimenti di flesso estensione e rotazione del piede, l’astragalo.
La stabilità e la congruità articolare di queste ossa durante l’esecuzione del movimento è assicurata dall’integrità di questi complessi legamentosi.
Distorsione della caviglia
La distorsione di caviglia produce un danno legamentoso, più o meno complesso a seconda del numero di legamenti coinvolti, la cui estensione e gravità viene quantificata in tre gradi
In seguito al trauma comparirà una marcata tumefazione della regione malleolare colpita, accompagnata da vivo dolore che spesso impedisce l’appoggio del piede a terra.
Nelle distorsioni di I grado spesso basta il riposo articolare , integrato da terapia anti infiammatoria, seguito da cicli di terapia fisica (ionoforesi, laser) e fisiocinesiterapia; la ripresa dell’attività sportiva sarà consentita a quadro clinico risolto.
Nelle lesioni di II grado in cui la compromissione dell’integrità legamentosa è più grave rispetto al precedente è opportuno procedere ad immobilizzazione per 4 settimane, a cui seguirà un intenso programma riabilitativo.
Le lesioni di III grado, ovvero la rottura completa del legamento, prevedono la terapia chirurgica seguita da periodo di immobilizzazione.
Trauma al tendine (tendinopatia)
Anche i singoli tendini possono sviluppare processi patologici degenerativi legati al sovraccarico funzionale.
Tendine d’Achille
E’ il robusto tendine che si inserisce sul calcagno originando dai muscoli della loggia posteriore della gamba; esso ha il compito di trasmettere la forza originata da tali muscoli allo scheletro ed è implicato costantemente durante la deambulazione, la corsa ed il salto. Esistono, come nel caso della cuffia dei rotatori, delle strutture che si interpongono tra osso e tendine per diminuire l’attrito durante il movimento chiamate borse; esse possono andare incontro a fenomeni irritativi satelliti dell’infiammazione tendinea.
Il sintomo principale è il dolore lungo il decorso del tendine, talora avvertito nella regione calcaneare, inizialmente legato allo sforzo atletico ed in seguito presente anche a riposo.
Spesso si accompagna edema dei tessuti peritendinei ed irritazione delle borse lungo il tendine con deformazione del normale profilo anatomico ed apparente scomparsa dei margini del tendine stesso. Un ruolo importante nella tendinite del tendine d’achille giocano le calzature, il fondo su cui si pratica l’attività sportiva, la conformazione anatomica del piede e la coordinazione del movimento.
Diagnosi
La diagnosi, oltre che sull’esame clinico, si basa su indagini radiografiche, per escludere alterazioni ossee che sostengano la patologia, e su indagini ecografiche che documentino il grado di lesione del tendine.
Terapia
La terapia, oltre al riposo articolare, consta di somministrazione di antinfiammatori, terapia fisica (ultrasuoni), fisiokinesiterapia, talora la prescrizione di particolari ortesi atte a tutelare da sollecitazioni il tendine. La terapia chirurgica viene riservata ai casi di cronicizzazione della patologia in cui vi sia necessità di asportare il tessuto degenerato.
Tendinite dei peronieri e del tibiale posteriore
Interessa robusti tendini che dalla loggia posteriore della gamba si inseriscono sul piede rispettivamente al lato esterno ed al lato interno della caviglia, passando sotto i rispettivi malleoli. La loro funzione è di stabilizzazione e flessione plantare del piede durante il cammino, la corsa ed il salto; le cause d’irritazione sono per la gran parte simili a quelle che colpiscono il tendine d’Achille. Il segno clinico è il dolore durante l’attività sportiva accompagnato a volte da tumefazione delle regioni sottomalleolari.
Diagnosi
La diagnosi si basa sulla visita clinica integrata da esame radiografico ed ecografico.
Terapia
La terapia consiste in riposo funzionale, antinfiammatori, fisiokinesiterapia ed eventuali ortesi.
Fascite plantare
Il termine indica l’irritazione di una spessa tela fibrosa che decorre lungo la pianta del piede e si chiama aponeurosi plantare.
Colpisce prevalentemente atleti amatoriali oltre i quarantenni d’età che pratichino corsa e tennis. Riconosce un sovraccarico funzionale associato soventemente ad alterazioni degenerative ossee (artrosi).
Il dolore, avvertito in sede plantare soprattutto alla flessione delle dita, in fase iniziale regredisce con il semplice riposo. Quando cronicizza esso diviene persistente rendendo difficoltosa la deambulazione; in questa fase diviene necessario l’uso di terapia farmacologia, fisica (ultrasuoni) ed eventuale ortesi.
L’intervento chirurgico sull’aponeurosi viene riservato ai casi ribelli alla terapia.